In basso qui sotto potete vedere i classici pali per reticolati definiti “a coda di porco”. Essi servivano come sostegno per il filo spinato e venivano disposti in fasce attorno alla fortezza ed all’interno del fossato. La loro altezza poteva arrivare fino a 4 metri, trasformando la barriera in un ostacolo pressoché insormontabile.
Il filo spinato venne inventato, per scopi civili, nel 1874 da Joseph Glidden negli Stati Uniti. Con la diffusione della siderurgia su scala industriale ferro ed acciaio divennero poco costosi e i fili metallici iniziarono ad essere impiegati come recinzione. All’epoca però le trafilatrici non riuscivano a superare una certa lunghezza. Il metodo inventato da Glidden, rudimentale ma eccezionalmente efficace, consentiva di unire fili anche corti e formare una barriera perfetta contro le mandrie di bestiame, gli animali selvatici, le persone. Consentiva di recintare pascoli, campi, ferrovie. Si trattava dunque di un elemento economico e disponibile in grandi quantità.
Sin da subito gli stati maggiori si resero conto dell’efficacia del filo spinato anche in termini militari, in particolare per migliorare la difesa passiva delle proprie postazioni. Esso venne utilizzato per la prima volta nella guerra ispano-americana, per poi essere diffusamente adottato nella guerra russo-giapponese tra il 1904 ed il 1905. Del resto non esisteva, come dimostrò ampiamente il Primo Conflitto Mondiale, nessun sistema veramente efficace per abbattere questo semplice ma insormontabile ostacolo. Le pinze tagliafili ed i tubi di gelatina esplosiva erano troppo rischiosi per la fanteria e spesso il risultato era inesistente. Gli stessi bombardamenti, protratti per ore, sovente non riuscivano ad avere ragione dei reticolati, mentre l’utilizzo di scale e passerelle da gettare sopra il filo spinato si rivelò disastroso e richiese un tributo di sangue tanto notevole quanto futile. Da ricordare tra i sistemi elaborati dall’Esercito Italiano per poter penetrare gli sbarramenti le famose corazze “Farina”, rese note al grande pubblico dallo straordinario romanzo di Emilio Lussu “Un anno sull’Altopiano” e dal film “Uomini contro” tratto da quest’opera. Solo con l’utilizzo su larga scala del carro armato fu possibile sconfiggere questo sottile ma implacabile nemico.
Tutte le fortezze austriache, sia quelle più antiche appartenenti al cosiddetto “stile trentino”, sia quelle più recenti dell’era Conrad, disponevano di molteplici fasce di reticolati disposte in maniera concentrica attorno all’opera principale. Il filo spinato veniva posto o sui reticolati “a coda di porco”, che venivano conficcati nel terreno per dare maggiore resistenza allo sbarramento, oppure su cavalletti di legno. In questo secondo caso si ottenevano i cosiddetti “cavalli di Frisia”, ricoperti di filo spinato, e diffusamente utilizzati nella protezione delle trincee di prima linea. Questo secondo sistema era peraltro poco usato nelle fortezze.
A volte, come nel caso di Forte Belvedere, il reticolato era elettrificato per migliorare le sue caratteristiche di difesa passiva. Le aree protette dagli sbarramenti di reticolato venivano prima adeguatamente disboscate, in modo da creare un’area di tiro completamente sgombra nelle vicinanze del forte. Secondariamente venivano stese le matasse di filo spinato, facendo attenzione a non lasciare alcun varco. Queste aree erano sempre collocate all’interno dei settori di tiro delle armi del forte, nel caso di forte Belvedere gli obici in torre e le mitragliatrici. I bombardamenti italiani del 1915 e 1916 riuscirono in alcuni casi ad abbattere ed indebolire queste difese, che venivano prontamente ripristinate nottetempo dalla guarnigione.